venerdì 30 dicembre 2011

Fame d'amore

La nostra anima si schiude in poesia alla ricerca dell'amore mai posseduto interamente. Credo che sia proprio questa percezione umanissima (come toccare il fondo dell'iceberg o del magma nostro e altrui) a rendere attraente il rapporto di ogni amore nuziale e amicale. Poi bisogna capire che non possiamo comprendere pienamente noi stessi, tanto peggio l'altro. Però non si smette di tentare e, di anno in anno, di conoscenza in conoscenza, l'amore cresce come il vino buono invecchiato.


                               Domenica Luise

lunedì 5 dicembre 2011

Sì, papà


Ci sono quelli che vivono nella musica come i cantanti e quelli che vivono nella merda: mio padre fa l'idraulico.
L'altro pomeriggio mi ha portato con sè' per insegnarmi il mestiere, ha detto, visto che a scuola non ho voglia e il maestro non si è saputo stare zitto, d'accordo col direttore l'hanno chiamato e gliel'hanno detto.
Li ho odiati, per questo, un po' di più del mio solito, così ci ha accolti una signora che portava una strana veste da camera blu con le nappe e la mantellina sulle spalle, si stringeva le mani e rabbrividiva. Mio padre era tutto gentile, anzi affettuoso. Io guardavo.
Invece avrei potuto dare due calci al pallone per digerire finché era chiaro.
Lei quasi chiedeva scusa perché la tavoloccia del gabinetto slittava e si posizionava arretrata oltre che storta rispetto al sedile come se fosse più piccola, sicché aveva paura di cadere. Papà affermò che il modello era perfettamente adatto e bisognava soltanto metterlo a posto.
Abbracciato al cesso, lavorò tre quarti d'ora con lo sguardo fisso lì dentro e il naso sopra e alla fine la tavoloccia sembrava precisa. Come ha fatto non so.
La vecchia tirò fuori un asciugamano pulito, bello grande, e volle che ci asciugassimo le mani lì, mentre lui badava a ripetere che andavano benissimo quelli appesi alle pareti.
Alla fine, quando lei chiese quanto venisse, papà non volle un soldo.
Stasera provo a vedere se posso evitare di farmi bocciare, darò un'imparata a quella stupida poesia e scriverò il riassunto, ci sono pure le equivalenze. Che pazienza. Non voglio finire come lui abbracciato al cesso.
Fuori respiro anche se la vecchia era gentile.
<Mi chiami ogni volta che ha bisogno, signora Peppina>.
Lei voleva che portassimo via dei cioccolattini fondenti imbottiti buonissimi, ma mio padre me ne ha permesso solo due.
La vecchia gli fa ciao con la mano come se fossero parenti, sento una cosa strana, sembra commozione.
Appena richiude la porta mi manca una specie di calore e anche questo è strano.
<Ti chiederai perché non ho accettato i soldi, Gimmi> dice mio padre.
<Sì, papà> rispondo.
<Quella signora mi ha già pagato, Gimmi, per lo stesso lavoro, ma io ho commesso un errore. Capisci?>.
<Sì, papà>.
<Sapevo di sbagliare, ma ho sperato che lei fosse leggera e la tavoloccia reggesse senza spostarsi>.
Perché mi dice queste cose di nessuna importanza apparente? Mi faccio attento, voglio capirlo, ma lui cambia discorso.
<Cos'hai deciso?> chiede guardandomi.
<Stasera studio la poesia e faccio il riassunto e le equivalenze, domani torno a scuola>.
<Ah> risponde lui, <d'accordo>.
<Papà ?>.
<Sì?>.
<Niente>.
Sono ancora un bambino, vorrei che mi prendesse per mano, allora lui lo fa come se mi avesse ascoltato il pensiero ed io lo sento così grande, forte, sicuro, insieme all'accoramento che morirà prima di me e perderò lui e la mamma perché così è la vita, che non si ferma mai. Trattengo i singhiozzi nel buio.

Domenica Luise